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2016 Rassegna stampa Nature Plants green Sahara soup

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SONO piccoli residui organici incrostati su frammenti di terracotta vecchi di migliaia di anni, provenienti dal deserto libico. Ma all’occhio degli scienziati, rivelano molto di più: si tratta infatti delle più antiche testimonianze mai ritrovate di verdure cucinate in contenitori di ceramica. La scoperta arriva da una ricerca pubblicata su Nature Plants che ha visto una fruttuosa cooperazione interdisciplinare dei chimici dell’Università di Bristol e di Milano con i botanici dell’Università di Modena e Reggio Emilia e gli archeologi della Sapienza di Roma che da anni dirige gli scavi in Libia. La scoperta aiuta a dimostrare il ruolo importante, e fino ad oggi sottovalutato, che svolgevano i vegetali cotti nella dieta delle popolazioni preistoriche del Nord Africa.

 L’invenzione della cottura d’altronde è uno dei passaggi chiave nell’evoluzione culturale umana. Di colpo, grazie al fuoco i nostri antichi antenati espansero enormemente la varietà di alimenti a cui avevano accesso, facilitando il consumo di carni e prodotti animali, e potendo contare su risorse vegetali difficili da consumare crude, se non addirittura tossiche. Un processo che si rivelò fondamentale per queste comunità di cacciatori raccoglitori, e che aiutò la transizione verso abitudini stanziali e la nascita dell’allevamento e dell’agricoltura.
 "Sappiamo – spiega Anna Maria Mercuri associato dell'Università di Modena e Reggio Emilia che da oltre vent’anni studia i resti botanici nei siti archeologici del Sahara - che frutti, semi e fusti erano raccolti in questi siti per molti scopi, da quello alimentare a quello medicinale, e sappiamo che questo territorio poteva sostenere la crescita di una vegetazione molto rigogliosa. Le popolazioni di questi cacciatori-raccoglitori così avevano appreso che grazie alla cottura dei vegetali riuscivano a rendere i cibi più commestibili, rendendoli meno duri e meno amari. Questa consapevolezza ha permesso alle comunità di sfruttare la vegetazione anche nei periodi in cui, invece, solitamente erano costretti a migrare alla ricerca di vegetali più commestibili".
Una tappa importante di questa storia, sottolineano gli autori del nuovo studio, fu l’invenzione della ceramica, un materiale apparso circa 15mila anni fa (o meglio, scoperto due volte: una 16 mila anni fa in Asia, e una seconda quattromila anni dopo nel Nord Africa) che permise di realizzare i primi contenitori per la cottura sul fuoco, e che di certo aiutò ad espandere enormemente il numero di alimenti e preparazioni possibili. La mancanza di testimonianze dirette di residui vegetali nei reperti preistorici aveva portato però a pensare che si trattasse di strumenti utilizzati principalmente per la cottura di latte e altri alimenti di origine animale. Mentre il ruolo delle verdure nella cucina preistorica era ritenuto quantomeno marginale. Almeno fino ad oggi.
 Analizzando un ampio set di reperti portati alla luce nei siti di Takarkori e di Uan Afuda, nel deserto libico, e risalenti a un periodo compreso tra oltre 10.000 e 6.500 anni fa, gli autori del nuovo studio sono riusciti infatti a identificare le tracce molecolari delle più antiche verdure cotte mai scoperte. E i dati raccolti parlano di una dieta ricca di prodotti vegetali: foglie e altre parti verdi delle piante, granaglie e semi provenienti dalle savane, ma anche, ed è la prima volta che viene osservato, piante acquatiche.
 Oltre metà dei contenitori analizzati, sottolineano i ricercatori, hanno mostrato residui di sole piante, compatibili con la cottura di verdure e altri alimenti vegetali. Dati che dimostrano la diffusione di questi alimenti nella regione in un periodo che precede di almeno 6mila anni la diffusione dell’agricoltura nell’area.
 "Fino ad oggi, l’importanza delle piante nella dieta preistorica è sempre stata sottostimata", commenta Julie Dunne, ricercatrice della Bristol's School of Chemistry che ha eseguito le estrazioni degli acidi grassi dalla ceramica. “Il nostro lavoro dimostra invece l’importanza delle piante come fonte alimentare. Risultati che parlano di un utilizzo di vegetali estremamente raffinato da parte di questi cacciatori raccoglitori. E la capacità di bollire questi alimenti per lunghi periodi di tempo all’interno dei contenitori di ceramica appena inventati deve avere aumentato significativamente lo spettro di vegetali che le popolazioni preistoriche potevano consumare". (Marta Musso - La Repubblica)